Ciao Leandro, parlaci un po’ di te, di come ti sei avvicinato alla fotografia.
È successo un paio di anni fa, dopo aver scoperto il lavoro di Luigi Ghirri, da quel momento ho capito che la fotografia sarebbe diventata il mio linguaggio, credo che la mia attrazione per l’ordinario arrivi tutto dalla sua influenza. Inizialmente ho studiato da una enciclopedia della fotografia degli anni 90 che mi ritrovavo a casa, mesi dopo ho comprato la prima macchina fotografica.
Come è nato il progetto “Ultimo paesaggio siciliano”?
Per quasi un anno e mezzo ho messo da parte la mia macchina fotografica, iniziando a fotografare solo con il mio iPhone. L’ho fatto per comodità, volevo distaccarmi dalle classiche uscite fotografiche, non avevo più voglia e tempo di farle. Così ho iniziato ogni giorno a fotografare tutto quello che avevo intorno, in qualsiasi luogo. Adesso ho ripreso la mia fotocamera e messo da parte il mio iPhone, non riesco a fare le stesse cose per tanto tempo.
Da chi prendi ispirazione per i tuoi lavori?
Inizialmente prendevo ispirazione dalla storia della fotografia e dai fotografi che stimo, è stato il mio metodo di studio. Adesso seguo un percorso diverso, mi lascio influenzare da tutto, dal cinema, da una storia che mi raccontano o da qualcosa che leggo.
Come crei le tue storie? Qual è la prima cosa che fai quando decidi di sviluppare un progetto?
Per me la fotografia è qualcosa di istintivo, pratico una fotografia molto libera. La prima cosa che faccio quando decido di sviluppare un progetto è quello di seguire il mio intuito e iniziare a fotografare senza pensare a nulla di definito, per tanto, inizialmente il risultato può essere solo caos; poi, rivedendo l’archivio, anche mesi dopo, se riesco a dare un ordine a quel caos, a trovare un filo conduttore, nasce un progetto, altrimenti quelle stesse immagini restano in archivio diventando parte di un “periodo” della mia fotografia.
Per approfondire
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