Fotografia, Stories

Francesco Sambati – Statica

Ciao Francesco, parlaci un po’ di te e di come ti sei avvicinata alla fotografia.

Dunque, sono un fotografo auto didatta e vivo e lavoro a Lecce, nella parte più meridionale della Puglia. Ho iniziato ad approcciarmi alla fotografia circa cinque anni fa, abbastanza in ritardo perché ho sempre considerato la fotografia una cosa lontanissima da me, probabilmente perché “per colpa” del liceo artistico sono sempre stato più indirizzato verso disegno, la grafica e la pittura (mio padre stesso ne era un docente). Successivamente, nel tempo, mi ci sono avvicinato da semplice osservatore, continuando a considerarla una disciplina distante anni luce da me e soprattutto dalle mie competenze. Ma alla fine, nel pieno del boom delle app fotografiche e dei filtri fotografici, un giorno, per passare il tempo in spiaggia, scattai una semplice fotografia, a una mia amica, il risultato mi piacque così tanto da convincermi a fare qualche umile tentativo e velocemente fotografare è diventata una seria necessità.

Come è nato il progetto “STATICA“?

Vivendo nel sud Italia, noto come ogni anno la maggior parte dei progetti fotografici riguardanti i mesi estivi al sud mostrano spesso il lato più kitsch, sgargiante e rumoroso, dando molto risalto all’aspetto frenetico e veloce, aspetti che non nego esistano, ma che personalmente non credo siano quelli che più contraddistinguano il vero sud. Ho quindi preferito cercare di documentare la dimensione più lenta, fatta di microstorie a sé stanti, inquadrature intime fatte di assenze e immobilità, piuttosto che frenesia e velocità. La Puglia in cui sono cresciuto è proprio quella senza il sovraffollamento del chiassoso turismo di massa che in estate la intasa e la soffoca.

Da chi prendi ispirazione per i tuoi lavori?

Onestamente non mi piace avere dei riferimenti, vedo troppe foto simili tra loro e fotografi che partono inspirandosi a qualcuno per finire a emularne lo stile in maniera permanente. Preferisco avere un mio stile, fosse anche il più semplice che ci sia, piuttosto che essere il clone di qualcun altro con uno stile migliore.

Come trovi le tue storie? Qual è la prima cosa che fai quando decidi di sviluppare un progetto?

Come dico spesso, non mi considero un grande narratore, non parto praticamente mai con un’idea ben precisa di ciò che voglio raccontare. Non voglio però scadere nel “sono le storie che trovano me”, preferisco dire che le trovo inconsapevolmente per poi accorgermi in corso d’opera di star raccontando qualcosa.

Io sono molto attratto dalle atmosfere: quando un luogo, una composizione involontaria di oggetti, un gesto mi trasmette una sensazione, allora lo fotografo e continuando a scattare che mi rendo conto che le singole foto sono legate da una storia comune.

Hi Francesco, tell us something about you and how you approached photography

I’m a self-teaching photographer and I live and work in Lecce, in the southernmost part of Puglia. I started to approach photography about five years ago, quite late because I have always considered photography a very distant thing from me, probably because of the art school I attended, I have always been more directed towards drawing, graphics and painting (my father was a teacher himself). Later, in time, I approached it as a simple observer, continuing to consider it a discipline light years away from me and especially from my skills. But eventually, in the midst of the boom of photo apps and photo filters, one day, to spend some time on the beach, I took a simple photograph, A friend of mine liked the result so much that I convinced myself to make some humble attempt and quickly photograph became a serious necessity.

How did the “STATIC” project come about?

I notice that, as every year, most of the photographic projects concerning the summer months in the south often show its most kitsch, flamboyant and noisy side, giving much emphasis to the frenetic and fast aspect, aspects that undeniably exist, but I personally don’t think they’re the most distinctive of the real South. So I preferred to try to document the slowest dimension, made of microstories in their own right, intimate shots made of absences and immobility, rather than frenzy and speed.
The Puglia where I grew up is the one without the overcrowding of the noisy mass tourism that in summer clogs and suffocates it.

From whom do you get inspiration for your work?

I honestly  don’t like to have specific references, as I often see photos and authors very similar themselves whom wish to draw inspiration fro someone and eventually end up emulating their style permanently. I’d rather have my own style, even the simplest one there is, than be a clone of someone else with a better style.

How do you find your stories? What is the first thing you do when you decide to develop a project?

As I often say, I don’t consider myself a great storyteller, I almost never leave with a precise idea of what I want to tell. But I do not want to fall in the repetitive pattern whereby “the stories finds me”, I prefer to say that I find them unconsciously and then realize during the work of telling something.
I am very attracted by the atmospheres: when a place, an involuntary composition of objects, a gesture conveys a feeling to me, then I photograph it and, as I keep on taking pictures, I realize that single photos are linked to the others through a common story.

francescosambati.com

instagram francesco.sambati

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