Lo decìa mi madre – diceva mia madre
Testo di Giuliana Schiavone
Nel progetto Lo decìa mi madre di Flavia Carolina D’Alessandro Castrillo, la forza della memoria si unisce alla cronaca degli eventi, e dall’esterno, si riannoda alla dimensione soggettiva e delicata della storia personale. Un racconto che si serve di dettagli, null’altro, perché tutto resti essenziale. Perché tutto sia un fluire, finalmente, nei luoghi in cui la storia nasce e procede.
Disegni, fotogrammi, pittura a rilievo su tela, estratti di cronaca dal web, e due ciuffi di capelli compongono un racconto intimo che costruisce e restituisce il ricordo, riflettendo criticamente sulla realtà. Nel progetto fotografico autobiografico, il dettaglio personale, tenue e intimista, dei propri capelli, si unisce a dissonanti episodi di cronaca nera che interessano il Venezuela, legati ai “furti degli scalpi”, per mano delle “pirañas robapelos”, e alla compravendita di chiome. Un fenomeno che attualmente è espressione di urgente necessità di sopravvivenza più che un atto fraudolento- 60 cm di capelli valgono più di uno stipendio minimo << de una cabellera comen dos o cuatro>> .
I capelli, simbolica e fisiologica continuità tra generazioni femminili, eco dell’energia matriarcale, sono, allora, anche emblema contemporaneo di una vanitas lontana dal senso primigenio della sorellanza. Ciò nonostante, ecco un autoritratto in poltrona, perché sono io che parlo, riferisco, ritorno a me stessa, e attraverso me, a tutte le donne.
Per approfondire:
IG : Flavia D’Alessandro