Ciao Jacob, parlaci di te e di come ti sei approcciato alla fotografia.
Ciao, mi chiamo Jacob e sono di Wellington, in Nuova Zelanda. Sono stato curioso della fotografia sin da bambino, oltre che delle storie che le persone raccontano attraverso questo mezzo. All’inizio ero motivato dalla volontà di catturare il lato oscuro dell’ambiente, solitamente incontaminato e sempre dominante della Nuova Zelanda. Una natura potente, ma anche una riflessione sull’impronta dell’uomo. Per me non erano solo paesaggi ma qualcosa di più. Ero interessato al modo in cui il paesaggio ha influenzato me e le altre persone attraverso le travolgenti dimensioni e la bellezza dell’ambiente naturale. Un luogo dove il paesaggio irradia una sacralità naturale dove l’uomo è quasi un pupazzetto. In una certa misura questo tema è ancora presente nei miei progetti attuali.
Come nasce “Atlas-Oscure”?
La serie “Atlas-Obscure” consiste in una selezione di immagini scattate ai piedi delle montagne dell’Atlante, in Marocco, animato da curiosità per l’ignoto, l’interesse per gli spazi liminali, gli incontri inaspettati e i momenti di cambiamento.
Il tema che attraversa il lavoro si basa sulle transizioni. Per mettere in discussione la mia “in-betweenness” e come mi inserisco nel mondo che mi circonda. Le immagini sono un riflesso di questa caducità.
Da chi prendi ispirazione per i tuoi lavori?
La maggior parte dei miei lavori è motivata dai viaggi, mi sento più ispirato se sono in viaggio verso l’ignoto.
Normalmente mantengo le mie aspettative sui luoghi che visito abbastanza realistiche e cerco semplicemente di godermi il viaggio indipendentemente dalla destinazione finale.
Non faccio molte ricerche, quindi i risultati dei miei viaggi sono incostanti, ma questo rende ancor più speciale il momento in cui scopri qualcosa di nuovo.
Come hai trovato le tue storie? Qual è la prima cosa che fai prima di iniziare un progetto?
Le mie storie non nascono da una ricerca strutturata. Le mie storie iniziano a emergere quando sono in viaggio.
Ho alcune parole chiave a cui mi riferisco quando fotografo, questo mi guida.
Cerco di catturare l’essenza, creando immagini che poi metto in sequenza per raccontare una storia. Mi piace l’interazione tra le immagini e il modo in cui si danno significato a vicenda per creare qualcosa d’impatto.
Esito nel mettere le mie parole scritte nel mio lavoro.
Mi piace mantenere i miei saggi fotografici piuttosto ambigui e aperti all’interpretazione.
Mi piace fare domande o suggerire qualcosa che ho preso in considerazione… ma non troppo, perché le persone possano trarre le proprie conclusioni, un po’ come io traggo le mie.
Hello Jacob, talk about you and how did you start photography.
Hello, my name is Jacob, and I am from Wellington, New Zealand. I have been curious about photography since a child, along with the stories people tell through this medium. Early on I was motivated by trying to capture the darker side of the usually pristine and ever dominant New Zealand environment. A great nature, but also a reflection on man’s footprint. For me they weren’t just landscapes but something more. I was interested in how the landscape impacted me, the distant spectator, and the people that exist within it. The overwhelming scale and beauty of the natural environment. A place where the landscape exhales a sacred nature where man is a mere figurehead. To some degree this theme still comes across in my current work
How “Atlas-Obscure” is born ?
The series “Atlas-Obscure” consists of a selection of images taken in the foothills of the Atlas Mountains, Morocco.
Animated by a curiosity for the unknown, with an interest in liminal spaces, unexpected encounters and moments of change.
The overarching theme that runs through the work is based around transitions. To question my own in-betweenness and how I fit in within the world around me. The images are a reflection of this transience.
Who inspires you in your works?
Most of my work is motivated by travel, I feel most inspired when I’m heading out into the unknown.
I normally keep my expectations of places quite grounded and just try to enjoy the journey itself regardless of the final destination.
I don’t do a lot of research, so its normally a-bit of a hit and miss, but this makes it quite special for when you discover something new.
How did you find your stories ? What is the first thing that you make (do?) before you start a project ?
My stories don’t come from structured research. The stories start to emerge when I’m on the road.
I have a few key words (an essence) that I refer to when photographing, this helps guide me.
I try to capture this essence, creating images, then sequence them to tell a story. I like the interplay between images and how they give each other meaning to create something even more impactful
I have always felt a little bit tentative about putting my own words to my work.
Which is why I quite like to keep my photo essays quite ambiguous and open for interpretation.
I like to question or hint at something that I picked up on… but not too much so people can draw their own conclusions, kind of the way I draw my own.
IG: jacobhoward.work
website : https://jacobhoward.work/