Ho iniziato ad amare il blu del cielo lentamente. All’inizio è stata come un’affinità, poi la cosa è diventata più seria. Era diventata un’abitudine quella di guardare fuori dalla finestra e attendere l’ora blu: il momento della giornata in cui mi sembra che tutto rallenti, quello che ne scandisce la sua fine, prima che tutto diventi buio, mi mette addosso pace e mi ispira profondamente. Per strada e dentro casa, le luci si accendono, prende vita l’ultima parte della giornata. Qualcosa ricomincia.
Nel suo libro “A field guide to getting lost”, Rebecca Solnit, una scrittrice statunitense dalla quale ho tratto ispirazione negli ultimi anni, scrive:
“Il mondo è blu ai suoi bordi e nelle sue profondità. Questo blu è il blu della luce che si è persa. La luce al limite blu dello spettro non percorre l’intera distanza che c’è dal sole a noi. Essa si scompone fra le molecole d’aria, si disperde nell’acqua. L’acqua non ha colore; l’acqua bassa sembra prendere il colore di qualunque cosa stia al di sotto di essa, ma l’acqua profonda è piena di questa luce dispersa: più è pura l’acqua e più il blu è profondo. Il cielo è blu per la stessa ragione, ma il blu all’orizzonte, il blu della terra che sembra dissolversi nel cielo, è un blu più profondo, incantevole, un melanconico blu; il blu dei posti più lontani, quando hai una vista di miglia e miglia; il blu della distanza. Questa luce non ci tocca, non percorre tutta la distanza; la luce che si perde, che ci dona la bellezza del mondo, gran parte della quale si trova nel colore blu”.
Il blu è malinconia, è eleganza, è silenzio. È mancanza. La mancanza necessaria a connetterci davvero a qualcosa o qualcuno.
Per approfondire:
Web Site : claudiadalo.com
INSTAGRAM : claudia_dalo_photography